“Oggi, l’Italia è un faro per il mondo intero su come mettere in pratica le parole di mio padre — il suo invito alla solidarietà e al senso del bene comune — anche in tempo di quarantena. Vi sono grata per averci mostrato la strada”. Conclude così Kerry Kennedy, figlia di Bob, il senatore democratico ucciso il 6 giugno 1968, in un articolo che apparso sul Corriere della Sera, scritto a distanza di un solo un mese da quando si trovava all’Università cattolica di Piacenza per presentare la sua relazione su violazioni dei diritti umani, economia e povertà. E ricorda anche che in quell’occasione così si è espressa: ““Dobbiamo tutti avere un sogno: il sogno di un mondo migliore, che sapremo costruire attraverso l’amore, l’empatia e il rispetto reciproco”.
Ebbene, ripensa oggi, “nessuno di noi poteva immaginare, in quel momento, quanto sarebbe stato importante saper interpretare quelle parole in un contesto del tutto diverso, e a distanza di poche settimane”. Kerry Kennedy rammenta anche che di ritorno a New York dall’Italia, “i dottori mi hanno messo in isolamento per diverse settimane e che da quel momento in poi ha avuto modo di seguire il diffondersi del virus man mano che infettava amici e parenti.
Quindi, anche per rispondere all’appello di Papa Francesco secondo il quale “dobbiamo fare di più”, Kerry Kennedy scrive che “noi tutti dobbiamo reagire a questa crisi non solo come individui, ma con un forte senso di uguaglianza e giustizia sociale, anche quando il mondo sembra mostrare i l suo lato più barbaro, imprevedibile e irrazionale” ringraziando l’Italia per quanto ha fatto finora ”con empatia” perché “in paesi e città, l’abitudine di cantare in coro da finestre e balconi è diventato un fenomeno dilagante, un modo per comunicare con i vicini, anch’essi in quarantena. Ci sono stati anche flashmob di luci e applausi sincronizzati dedicati ai medici e a tutto il personale ospedaliero”.
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